
Ne parlo sui social, ne parlo ogni mese nella mia newsletter e ora ne parlo in modo esplicito anche qui.
Sì, di quella cosa tanto sporca quanto utile, che tutti amiamo: il denaro.
Sono nata in un paesino di 3mila anime ai piedi delle montagne piemontesi. Sono intrisa fino alle ossa di quella famosa sabauditudine che ha – tra i suoi pregi e i suoi difetti – l’inattaccabile monito a non parlare mai di soldi. MAI!
E so che nel resto del mondo le cose non sono poi tanto diverse. Non se ne parla a tavola. Ma neanche in tutti gli altri luoghi che possono venirti in mente. Non se ne parla tra amici, tra colleghi, tra famigliari.
È volgare. Fuori luogo. Imbarazzante.
E io, ormai nel 2022, resto interdetta di fronte a tanta arretratezza.
Come ti dicevo, sono sabauda e lo sono fino all’ultima goccia del mio sangue quindi – credimi – non è stato semplice affrancarmi dal tabù. Ma l’ho fatto.
Ho lavorato anni da dipendente sottopagata. Ci ho messo molto tempo a liberarmi da quella condizione, ma anche allora mi era molto chiaro che parlare di soldi, di stipendio, di retribuzione era un mio sacrosanto diritto.
Il titolare riusciva a convincere le sue dipendenti che pagare lo stipendio, gli straordinari o le ferie fosse un atto generoso da parte sua. Ti lascio immaginare quando doveva versarci anche la tredicesima mensilità… Ma con me non ha mai funzionato. Non sono mai riuscita a tenere a freno la lingua in questi casi e più volte ho affermato, davanti a capi e colleghe stupiti, che il nostro rapporto di lavoro non era niente di più e niente di meno di uno scambio. Tu mi paghi perché io in cambio ti porto valore con il mio lavoro. Tu mi dai denaro, io tempo e competenze.
Non appena sono diventata freelance ho dovuto farci i conti ancora più da vicino con questa storia dei soldi.
Non sono stata subito capace di dare il giusto valore ai miei lavori, ma una cosa posso affermarla con sicurezza: dal momento che ho aperto la partita IVA sono diventata una professionista e pertanto ho sempre fatto un preventivo per ogni mio progetto. Anche quando era chiaro che chi si rivolgeva a me si aspettasse che lavorassi “per farmi le ossa” o “in amicizia”.
Fare un preventivo, chiedere esplicitamente del denaro in cambio delle nostre competenze, è il minimo per potersi definire professionisti. Se non c’è un un business plan o almeno un obiettivo di guadagno non si tratta di lavoro ma di hobby.
Ecco perché penso che questo noioso e vecchio tabù debba essere abbattuto.
Il denaro è alla base di tutta la nostra vita. Che ci piaccia o no.
Serve denaro per avere un tetto sopra la testa. Serve denaro per avere dei vestiti, per cibarsi, per muoversi con qualsiasi mezzo di trasporto. Serve denaro per curarsi e per acculturarsi.
Quanto ne serva è più o meno soggettivo. Ma che sia indispensabile e che lo maneggiamo quotidianamente è innegabile. Allora non suona un po’ ipocrita e fuori contesto considerarlo volgare e sporco?
Parlare di denaro, nel modo corretto e senza moralismi, ci permette di diventare più consapevoli: come esseri umani, come professioniste, come consumatrici.
Parlare e sentir parlare di denaro, soprattutto da quelle figure professionali che lo fanno per mestiere e conoscono bene la materia, ci insegna a superare preconcetti e paure e a migliorare la nostra situazione economica. Anche a piccoli passi.
“Perché parli di soldi?” è una domanda che ricevo spesso, soprattutto in risposta alle mie newsletter. Se anche tu le leggi, fino in fondo, sai che ogni mese parlo delle entrate e delle uscite della mia attività.
Parlo ogni mese di fatturato e di spese, nelle mie newsletter, perché sogno un mondo in cui parlare di denaro non sia un tabù. Un mondo in cui possiamo fare preventivi e richiedere di essere puntualmente pagate per il nostro lavoro senza paranoie o vergogna. E sono convinta che solo con l’esempio, parlandone apertamente, possiamo tutte insieme fare un passo verso la caduta di questo tabù, informandoci e aiutandoci a vicenda.
Ne parlo perché il denaro è una questione femminista.
Perché credo che, grazie ai miei siti, le donne possono finalmente sentirsi più libere e indipendenti, accorciare qualunque divario (sì, anche quello economico!), dimostrare quello che sono e realizzare quei sogni che nascondono la sera sotto il cuscino.
Perché se parlare di soldi è difficile per tutti, per le donne lo è di più a causa di un retaggio culturale che le vuole disinteressate. Parlare di soldi non è elegante. Desiderarli lo è ancora meno.
Inoltre mi spendo molto a parlare di “vita da freelance” e desidero combattere la frequente ed errata convinzione che quella del freelance sia una vita grama, fatta di nottate passate a lavorare e costantemente in bolletta.
E anche perché offro percorsi di mentoring per web designer. Credo che parlare in concreto dei risultati economici sia molto importante e di ispirazione.
Perchè credo davvero che solo parlandone liberamente e sentendone parlare potremo, finalmente, liberarci dalle pastoie di quelle emozioni negative che sono strettamente legate al denaro: paura, vergogna, imbarazzo, ansia, frustrazione e colpa.
Che non significa che il denaro debba diventare il nostro principale argomento di conversazione con cui ammorbare gli amici davanti a una pizza, ma che dobbiamo sentirci libere di parlarne in modo opportuno, efficace e senza imbarazzo ogni volta che serve.
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